La pelle: il confine dell'identità
Materiali
Il confine nelle realtà incarnate
Nell'ambito
dell'incarnazione, le cose esistono e sono conoscibili, perché
possiedono una determinata forma, ossia perché ciascuna di esse
presenta un “confine” che la distingue da tutto ciò che non è
lei. Senza confine, senza limite, le cose sarebbero fuse le une nelle
altre e non potrebbero manifestarsi come unità distinte e
distinguibili.
Questa
è una sorta di legge metafisica universale: poiché un essere non
può incarnare contemporaneamente tutte le possibilità
dell'esistere, è necessario, perché possa concretamente
manifestarsi, che molte delle infinite onde di probabilità
collassino e solo alcune divengano attuali. Non posso esistere nel
medesimo spazio-tempo come uomo e come donna, come albero e come
cane; naturalmente, incarnarmi in una qualunque manifestazione
fisica, mi priva di una infinità di esperienze che potrei fare in
tutte le altre manifestazioni, ma non tutte le alternative sono
compossibili nell'orizzonte della fisicità.
Il
limite, il confine, de-finisce l'essere delle cose incarnate, cioè
gli attribuisce un inizio e una fine.
Anche
da un punto di vista gnoseologico, la nostra capacità di
“comprendere” il mondo che ci circonda, di rappresentarlo, nasce
dal fatto di attribuire e riconoscere i limiti delle cose e i confini
di senso delle parole, perché solo così può essere rappresentata
la “forma”, fisica o mentale di ciò che esiste.
La
necessità di sottostare all'esistenza di un confine che tracci il
limite fisico e renda riconoscibile, vale anche per l'essere umano.
Anche per la mia esistenza è essenziale poter distinguere ciò che
sono rispetto a ciò che non sono.
Il
confine che utilizziamo per identificarci è dato esattamente dalla
pelle e dalle sue sensazioni.
La pelle come confine
Ma
cos'è, più precisamente, un confine?
È
una struttura dinamica, che pone in relazione due mondi, una porta
che, a seconda dei casi, è barriera invalicabile, o semplice filtro,
o luogo di incontro, di apertura e di scambio.
Attraverso
la pelle noi discriminiamo l'interno dall'esterno, delimitiamo la
nostra fisicità; la pelle è il “luogo” fisico e metaforico dove
possiamo scontrarci e chiuderci agli altri e al mondo esterno, o
filtrarlo, o lasciarlo entrare in noi, proiettando a nostra volta noi
stessi “fuori” e “invadendo” il mondo. Il processo di
de-limitazione fisica e psichica del bambino, dipende, in gran parte,
dal contatto pelle-a-pelle con la madre e i care givers, grazie alla
quantità e qualità dell'handling che esso riceve. Attraverso la
pelle, il bimbo si percepisce, percepisce ed è percepito, definisce
il proprio spazio, il proprio “qui e ora”. In un certo senso, noi
esistiamo - come esseri incarnati - fin dove giunge il nostro tatto.
Osservazione quanto mai interessante, dato che, anche se non
tutti ne siamo coscienti, la nostra percezione tattile sottile va
molto al di là di quella fisica più grossolana. La pelle e il tatto
sono il primo criterio di determinazione di ciò che, in termini
filosofici, noi definiamo come “qui e ora” e quindi, da un punto
di vista spirituale, la radice stessa della “presenza”, come
totale consapevolezza dell'essere al fenomeno dell'esistere.
Se
l'essere incarnati richiede necessariamente la delimitazione, ciò
significa che, ogni situazione di “fusione” (anche solo
metaforica) con un'altra persona, o con una situazione ambientale o
emozionale, sia inevitabilmente percepita, a livello inconscio, non
solo come aprirsi ed essere vulnerabili, ma, più in profondità,
come il venir meno della dimensione incarnata, come “morte” o
almeno come “scomparsa”.
Il
venir meno del confine è venir meno dell'identità.
È
interessante, a questo proposito, osservare il fenomeno del mimetismo
animale e vegetale, che uniformando l'involucro esterno
dell'individuo all'ambiente circostante, ovvero dissimulando il
“confine”, determina appunto l'apparente “venir meno”
dell'individuo e quindi la sua non-attaccabilità. Non si sfonda una
porta completamente aperta
Qui
sta la radice di tutti i problemi che può determinare il contatto
pelle-a-pelle in chi non l'abbia serenamente e intensamente
sperimentato da bambino e della difficoltà dell'abbandono fusionale
in momenti forti, come l'abbraccio profondo o l'orgasmo.
Anche
gli stati meditativi profondi, nella misura in cui offrono
l'esperienza del trascendere i propri confini, sono un venir meno
dell'individuo, una sorta di abbandono della dimensione personale per
sprofondare nella coscienza transpersonale.
Non
a caso, il termine “estasi”, etimologicamente, significa “stare
fuori”, ossia “uscire dalla propria pelle” e quindi dalla
propria identità fisica, che necessariamente la richiede.
La
pelle, metafora dell'unicità
La
pelle, in quanto confine, non solo rende visibile esternamente la
nostra forma, ma lo fa in un modo unico, caratterizzando
inconfondibilmente la nostra individualità. Non è un caso che si
tratti di un organo che non è possibile trapiantare; la pelle è
un'esclusività individuale. Impronte digitali, rughe d'espressione,
cicatrici, nei, macchie, qualità della cute, ecc. raccontano
l'unicità e irripetibilità della nostra storia personale e rendono
manifeste le nostre caratteristiche energetiche. Persino i gemelli
omozigoti hanno linee della mano diverse. Per questo la chiromanzia
ha sempre ritenuto di potervi riconoscere il destino individuale.
Poeticamente
è stato scritto che la pelle è una sorta di pergamena su cui, ogni
giorno, noi annotiamo gli eventi della nostra storia e dell'ambiente
in cui viviamo. Cresce e invecchia, sempre nuova e sempre la stessa,
espressione di quel paradosso che è l'identità nel divenire e che,
proprio per questo, la rende, per eccellenza, metafora dell'io
psichico.
La pelle, metafora dell'io
Esiste
un rapporto profondo tra pelle, tatto e formazione dell'Io. La
costruzione della nozione e dell'esperienza dell'identità personale,
elaborata attraverso la percezione della propria separazione dal
resto del mondo, inizia nel feto proprio grazie ad una reazione
tattile, il cosiddetto “riflesso di evitamento”, che si manifesta
nella zona orale intorno alla quinta settimana dal concepimento.
Quando il labbro superiore dell’embrione sfiora qualunque cosa
all’interno del liquido amniotico, egli si ritrae, con una reazione
del tutto simile a quella delle amebe. Ancora pochi giorni e le palme
delle mani, le piante dei piedi e poi l’intero corpo, diverranno
sensibili al tocco. Perciò si può affermare che, attraverso il
tocco intrautrerino, l’embrione sviluppa il proprio senso di
identità e solidità spaziale.
L'Io
e la pelle si richiamano simbolicamente l'un l'altra. Come l'io
rappresenta la costruzione psichica che “raccoglie e contiene” i
dinamismi psichici consci e inconsci personali, e li pone in
relazione con tutte le dinamiche provenienti dall'ambiente esterno,
così la pelle svolge il medesimo compito da un punto di vista
materico. Essa ci “contiene”, dando unità rappresentativa alla
molteplicità di organi e tessuti e, al tempo stesso, ci pone in
relazione.
Tra
la pelle e l'io sussiste un'ulteriore analogia simbolica: ed è la
dimensione dell'elasticità. Più la pelle è giovane e sana, più è
elastica e si adatta alle modificazioni interne ed esterne; allo
stesso modo la nostra unità psichica, se è sana e “giovane”,
resta elastica, adattativa, mentre se diviene rigida e vecchia
rischia di lacerarsi anche per stimoli ambientali poco stressanti.
L'avvizzire della pelle nell'anziano indica tutto questo: il
sopravvenire di una rigidità, e, al tempo stesso, l'avvicinarsi del
momento in cui la pelle sarà abbandonata e la trasformazione avverrà
in modo totale.
Per
tutto questo, possiamo dire che l'io è la pelle della nostra psiche,
e la pelle è l'io della nostra fisicità. Lo stato della nostra
pelle racconta lo stato del nostro essere psichico. L'osservazione è
assai rilevante, ai fini dell'interpretazione psicosomatica ed
energetica dei problemi dermatologici, specialmente all'interno dei
percorsi di sviluppo evolutivo. Ogni trasformazione della pelle
indica una globale trasformazione dell'io. Nella mitologia, il
mutamento della pelle rimanda ad un radicale mutamento di identità.
L'abbandono progressivo dell'io (distinto, frammentato rispetto
all'universo) in favore della consapevolezza sempre più espansa del
Sé (unito e uno col Tutto) si può esprimere attraverso la metafora
del lasciare la propria pelle, aprirla, espanderla. Marsia, per
divenire fiume che disseta e rende fertili le terre, passa attraverso
un dolorosissimo scorticamento.
Per
questo, diversamente da tutti gli altri apparati ed organi, i cui
problemi restano “interni” e possono essere interpretati
psicosomaticamente in modo analitico, la pelle e le sue problematiche
rappresentano un conflitto di tutta l'unità psichica, il tentativo
operato dall'io di rendere visibile e scaricare all'esterno (verso il
non-io), conflitti, parti inconsce ed emozioni vietate, che a livello
psichico si ritiene non possano essere esibite e che prendono quindi
la più visibile via di manifestazione fisica.
L'area
somatica specifica dove il problema cutaneo si manifesterà darà
indicazioni sulla natura del problema, ma il fatto che la via di
manifestazione sia la pelle, invece che altri organi o tessuti, dice
che il problema ha determinato una reazione dell'intera unità
psichica e “chiede” di venire allo scoperto, di “farsi vedere”.
Ogni
volta che l'ambiente esterno diviene problematico od ostile, o si
prospetta un cambiamento radicale in grado di mutare l'identità
profonda, se l'io non riesce ad adattarsi e ad esprimere
adeguatamente le proprie emozioni, rappresenterà le sue difficoltà
in modo simbolico attraverso sintomi cutanei. Ciò accadrà sia
attraverso manifestazioni fisiologiche, come l'arrossamento
(vergogna, rabbia, amore), il grigiore (tristezza), il pallore
(paura, ira, asfitticità, mancanza di energia), il livore (rabbia,
invidia), che attraverso manifestazioni sgradevoli (prurito,
sudorazione eccessiva, odore) o vere e proprie patologie.
Il linguaggio della pelle
Quanto
si è appena scritto, introduce la dimensione
linguistico-comunicativa della pelle. Essa manifesta esternamente
situazioni emozionali e stati viscerali interiori, per cui non è
scorretto affermare che la pelle costituisca sia il linguaggio, ossia
la sintassi, che la comunicazione stessa, ovvero il messaggio che
viene scritto attraverso quel linguaggio.
Questa
caratteristica della pelle è condivisa da molte specie animali, dove
stati e comportamenti sessuali, aggressivi e, in generale pulsionali,
si esprimono con manifestazioni cutanee o del piumaggio.
Vi
sono almeno cinque modalità attraverso cui la pelle comunica:
- il colore della cute
- la presenza di nei, macule, ponfi, segni, rughe
- la grana, il livello di idratazione e il sudore
- l'odore
- lo stato degli annessi cutanei (peli e capelli)
Le
informazioni passate attraverso queste modalità sono psicologiche ed
energetiche al tempo stesso e le medicine orientali sono
particolarmente attente a coglierle.
A
puro titolo d'esempio, si pensi al colore della cute (roseo, pallido,
violaceo, giallastro, terreo, grigiastro); esso comunica numerose
informazioni, quali, ad esempio, il livello di irrorazione sanguigna,
la congestione dei capillari e il conseguente stato energetico, con
il relativo funzionamento di organi e meridiani.
La
pelle grigiastra o bianco-pallida, ad esempio, comunica una generale
mancanza di energia (è tipica del collasso) e qualche problema al
meridiano del polmone, ossia all'ossigenazione, anche in senso
metaforico. Il colorito terreo rimanda al funzionamento del meridiano
di milza-pancreas e a problemi con l'assimilazione (anche psichica) e
la rimuginazione. Il colore giallastro è notoriamente legato al
fegato e, psicologicamente, alle situazioni ad esso collegate
(rabbia, intossicazione, stockaggio eccessivo di grassi e zuccheri).
Un colorito livido o chiazze rossastre dicono di una
vascolarizzazione eccessiva o di una congestione capillare e parlano
di forte emozionalità trattenuta, con problemi ai meridiani del
fuoco ed eccessi locali di energia.
La
presenza di segni particolari sulla pelle, come nei, rughe
particolari, impurità, ponfi, ecc., diviene particolarmente
significativa quando tali segni seguono il percorso di uno specifico
meridiano energetico o si trovano su aree specifiche del viso che,
secondo le medicine orientali, forniscono indicazioni diagnostiche.
Secondo
la medicina ayurvedica, la grana e lo stato di idratazione della
pelle rappresentano uno degli indici per stabilire la “costituzione”
ossia la diatesi di base, di ciascun individuo.
Ad
esempio, la pelle secca, precocemente tendente ad avvizzire, è
caratteristica degli individui “vata”, ossia con predominanza
energetica degli elementi “aria” e “spazio” (per la medicina
cinese “aria” è “metallo”); segnala che l'energia fuoco
presente, più che uscire fuori, viene proiettata su di sé e produce
disidratazione, secchezza, una certa aridità. Poiché l'acqua si
lega simbolicamente alle emozioni e alla dolcezza (la rugiada per le
piante), la pelle di tipo vata suggerisce una certa difficoltà a
vivere la dimensione emozionale, o la percezione di una solitudine e
mancanza di dolcezza ricevuta e quindi scambiata.
Naturalmente
anche la pelle degli individui pitta e di quelli kapha presenta
specifiche peculiarità.
Il
codice informativo legato all'odore è uno dei più antichi e
potenti, capace di comunicare direttamente con gli aspetti più
inconsci della psiche. Gli animali assegnano alla percezione
olfattiva un ruolo primario nella comunicazione, sia all'interno
della specie, che interspecie. La decodifica degli odori, legata al
sistema limbico e quindi ad una delle più antiche aree cerebrali,
consente una comunicazione che tocca ambiti essenziali per la
sopravvivenza del singolo e della specie, come il riconoscimento
parentale (l'odore della mamma per il bimbo), la percezione delle
intenzioni aggressive e l'attrazione sessuale.
La
pelle, attraverso il suo odore specifico, diverso da un individuo
all'altro, costituisce una vera e propria marcatura olfattiva
dell'identità, che gioca un ruolo essenziale nelle relazioni
interpersonali ed influenza significativamente le reazioni altrui e
quindi, di conseguenza, le nostre.
Per
la medicina ayurvedica, ad esempio, gli individui con un odore della
pelle più intenso (indipendentemente dal fatto che risulti gradevole
o meno), sono quelli che hanno preponderante la presenza del dosha
“pitta”, ossia sono gli individui con prevalenza dell'elemento
fuoco, passionali, intensi, “a colori”, psichicamente forti, ma,
se in squilibrio, potenzialmente aggressivi o violenti. Sono
individui che “segnano il territorio” e manifestano a maggiore
distanza la loro presenza.
Conclusioni provvisorie
Dato
che la pelle è tutto questo, diviene chiaro quale immenso
significato psicosomatico possano assumere il tocco, il massaggio, le
tecniche di unzione o di esfoliazione, il contatto con l'acqua calda,
ecc.
È
proprio questa consapevolezza che mi ha condotto a ritenere decisiva
l'introduzione di pratiche a mediazione corporea e di tocco
all'interno dei percorsi evolutivi e del counselling filosofico.
Nessun
lavoro serio sul tema dell'identità personale e della sua
trasformazione può avvenire trascurando l'espressione fisica di tale
identità.
Senza
“Body” e senza “Touch”, non ci può essere “Care”!