Psicopedagogia e galassia concettuale
Materiali
Gran
parte degli operatori italiani in campo psicologico e pedagogico,
nonché – almeno così sembra – il legislatore nell'ambito
sanitario e scolastico, sembrano rimandarci la convinzione che ci
siano una sola psicologia e una sola pedagogia, o meglio che per
ciascuna di queste discipline esista una versione “fondata”,
degna di fiducia, “scientifica”, dove, con quest'ultimo termine,
si intende surrettiziamente “vera”, che si contrappone ad altre
forme di psicologia e pedagogia cognitivamente inaffidabili.
Qualunque
approccio alla psicologia o alla pedagogia che esuli da questo
modello culturalmente riconosciuto e giuridicamente tutelato, viene
automaticamente guardato come sospetto, infondato, al limite
fuorviante e pericoloso e quindi, di conseguenza, rifiutato o
addirittura legalmente perseguito.
Questo
approccio è una ridicola banalizzazione e ignora completamente la
complessità della rete concettuale – una vera e propria “galassia”
- che determina la nascita dei modelli psicopedagogici, facendo sì
che ciascuno di essi non sia altro che una prospettiva parziale,
modellata su una enorme quantità di variabili concettuali ed
esperienziali. Di qui la necessità di effettuare un chiarimento
sulla complessa natura epistemologica dei modelli psicopedagogici.
Psicopedagogie e antropologie
Un
primo punto, persino ovvio, ma che si tende a dimenticare, è che
qualunque modello psicologico e pedagogico deve necessariamente
muovere da una specifica concezione dell'essere umano. Banalmente, se
io ritengo che l'essere umano sia costituito solo dalla dimensione
fisica, la psicologia stessa diviene impossibile; se sono convinto
che vi sia una fisicità e una psiche superficiale, posso costruire
qualcosa di simile alla psicologia classica, ma la psicanalisi non ha
alcuno spazio. Se credo (e uso il termine “credo” !)
nell'esistenza dell'inconscio individuale o anche in quella
dell'inconscio collettivo, si aprono possibilità di costruire
modelli psicologici molto più complessi e tutta la gamma degli
approcci psicanalitici diviene possibile o addirittura necessaria. Se
per me l'essere umano è una struttura tripartita,
corpo-psiche-spirito, lo scenario possibile muta ancora, perché ci
si apre ad una possibile psicologia spiritualista (come ad esempio è
accaduto con la logoterapia di Frankl o con la psicosintesi di
Assagioli). Se ritengo che la struttura tripartita di cui sopra sia
la manifestazione di un substrato fatto di energia a diversi livelli
vibratori e dell'informazione che a questa energia è intrinsecamente
correlata, posso creare un modello psicopedagogico “quantistico”,
come, ad esempio, quello antichissimo che si rifà alla cultura
vedico-yogica e tantrica del subcontinente indiano.
La
scelta implicita di uno o l'altro modello antropologico determina
inevitabilmente delle precomprensioni che incidono profondamente
sulla lettura psicologica e pedagogica dell'individuo.
Per
chi è convinto dell'esistenza di una dimensione spirituale
dell'essere umano, probabilmente Madre Teresa di Calcutta è una
maestra spirituale, un vertice del viaggio evolutivo che un essere
umano può compiere, mentre per chi nega la dimensione spirituale, si
tratta probabilmente di una narcisista autolesionista, che pur di
essere al centro dell'attenzione mondiale si è autoinflitta una vita
di stenti e quindi un essere in grave squilibrio psichico.
Nessuno
di questi modelli antropologici è più plausibile degli altri,
nessuno più “vero”, per cui la scelta per i conseguenti modelli
psicopedagogici diviene un'opzione (probabilmente a base istintuale e
volitiva) sulla base di una sorta di “atto di fede” laico. È
presumibile che ognuno tenderà ad indirizzarsi verso il modello
antropologico che risulta più conforme con le sue esperienze
esistenziali, quello che gli è stato veicolato dalla testimonianza
vitale (non dalle parole) dei genitori e dall'ambiente familiare e
sociale a cui appartiene, dalle spinte della cultura dominante.
Variabili in larga parte esistenziali, non cognitive.
Psicopedagogie e visioni metafisiche
Per
chi frequenta il variegato mondo della filosofia, appare
assolutamente evidente che ogni modello antropologico richieda, a sua
volta, una determinata concezione metafisica. Un minimo di congruenza
richiede che per ammettere che l'essere umano possieda certe
caratteristiche, sia necessario che tali caratteristiche siano
possibili su un piano più generale, ovvero che siano costitutive
della realtà stessa. Ad esempio, è poco credibile che l'essere
umano sia un aggregato di energia e informazione se anche la realtà
nel suo complesso – cioè anche quella non umana – non presenti
anch'essa tali caratteristiche. In una realtà concepita solo in modo
fisico-meccanico, ad esempio, la psiche non potrebbe essere
concepita, salvo ritenerla una sorta di “materia sottile” o
qualcosa del genere.
Perciò
è corretto affermare che le visioni metafisiche e antropologiche
sono alla base dei modelli psicopedagogici, ma tale relazione non va
intesa in modo direzionalmente univoco, bensì reticolare. Le
antropologie talvolta sono il vero punto di movenza e determinano la
creazione di visioni metafisiche congruenti e, a loro volta, certi
approcci terapeutici o educativi in psicologia e pedagogia,
l'utilizzo di certi metodi e strumenti di intervento, possono
determinare una rielaborazione della concezione di essere umano e
della propria visione della realtà. Se vado pazzo per la musica e
sono irresistibilmente portato ad utilizzarla come strumento
psicoterapico o pedagogico, finisco inevitabilmente per dover
ammettere un modello antropologico e metafisico dove il fenomeno
della “risonanza vibratoria” abbia uno spazio adeguato.
Psicopedagogia e sistemi valoriali
Le
visioni metafisiche e antropologiche determinano – e a loro volta
sono determinate da – i sistemi di valori che una società e un
individuo possiedono. Tali sistemi assiologici non sono tanto quelli
sbandierati a livello teorico, ma quelli realmente incarnati nel
tessuto sociale e legislativo. In sostanza, non fanno testo i valori
di cui una società o un individuo parlano e a cui dicono di
ispirarsi, ma quelli che realmente si incarnano nei comportamenti
quotidiani e che sono realmente tutelati a livello giuridico. Sistemi
valoriali sono presenti – quasi sempre in modo implicito – nei
diversi modelli psicopedagogici. Intuitivamente, non è possibile
affermare cosa sia “normale” o “patologico”, né costruire un
progetto educativo e formativo se non si ha una sorta di “sistema
cartesiano” di riferimento che mi dica in che direzione l'essere
umano debba evolvere.
Le
incoerenze denunciano gli impliciti. Una società che continua a
riempirsi la bocca con l'importanza della crescita emozionale e
creativa dei giovani e poi toglie la musica o l'arte dalla scuola,
salvo poi riempire la televisione di gare per selezionare i migliori
talenti canori, presumibilmente attratti dai compensi assurdi di
cantanti e attori, dimostra di avere poche idee ma ben confuse.
Altri
ambiti non sono meno banalmente incoerenti; la nostra civiltà
occidentale tende a negare la dimensione spirituale
nell'antropologia, però persegue – a parole – valori come
l'altruismo, la valorizzazione delle diversità e la dimensione della
gratuità, ma crea un contesto sociale e scolastico principalmente
basato sulla performance, la competizione e sull'esclusione di chi
non raggiunge gli standard. Tutto ciò è tragicamente ridicolo.
Congruenza ed emersione degli impliciti
Siamo di fronte ad un inestricabile intreccio di prospettive metafisiche, antropologiche, valoriali e gnoseologiche che rende semplicemente ridicola l'ipotesi che vi siano modelli psicologici e pedagogici “scientifici” o addirittura “veri”, contrapposti ad altri non adeguatamente fondati.
Tutto
ciò comporta che non esista alcun criterio per discriminare fra
modelli psicologici e pedagogici accettabili o riconosciuti
legalmente validi e altri “non ortodossi”. L'unica cosa che si
può e si deve chiedere è che ogni modello psicopedagogico espliciti
le proprie concezioni metafisiche, antropologiche, assiologiche e
gnoseologiche, ne mostri la coerenza e possa sostenere la congruenza
dei propri strumenti e metodi operativi con tali concezioni.
Unico
criterio assoluto di rifiuto – per la difesa convenzionale della
società e degli altri individui – è che in tali concezioni
non sia presente la negazione del diritto di esistere di metafisiche,
antropologie, assiologie e concezioni gnoseologiche diverse. E già
quest'ultima concessione, in realtà, è un metacriterio occulto, che
ritiene libertà e diritto all'esistenza una sorta di supervalori che
debbano essere perseguiti sempre e comunque. Però, forse, su questo
è meglio convenire tutti...