Tre diversi approcci agli olii essenziali
Materiali
Con quali criteri si utilizzano gli olii essenziali?
Si tratta di approcci scientifici o no?
Mi sento fare spesso queste domande e quasi sempre
le persone che me le propongono si aspettano risposte nette, dei “sì”
o dei “no” che dissipino i loro dubbi e le loro perplessità.
In realtà non è semplice rispondere a questi
interrogativi, perché l'approccio agli O.E. può avvenire in tre
differenti modi, assai diversi fra loro per valore scientifico e per
intento, ma tutti significativi e in grado di “parlare” in
maniera diversa all'essere umano.
Non stupisca il fatto che, io stesso, come preciserò
meglio oltre, ritenga che i metodi di utilizzo degli O.E. non siano
tutti scientifici e, nondimeno, li ritenga significativi e
utilizzabili. Le scienze non costituiscono un criterio per
determinare la verità o il valore delle cose e, in moltissimi ambiti
dell'esistenza umana non sono applicabili o risultano addirittura
dannose. Non fornirò qui la giustificazione di questa tesi forte e
inusuale (ma non troppo se ci si intende di epistemologia), e tuttavia
questo è il punto di vista da cui voglio partire (per approfondire questa prospettiva epistemologica cliccate qui). Soltanto uno dei
tre modi di utilizzare gli O.E. può dirsi scientifico e, nondimeno,
anche gli altri sono perfettamente plausibili e sensati.
L'utilizzo biochimico degli O.E.
Gli O.E. essenziali sono innanzi tutto composti chimici che, per
via orale o transdermica, vengono immessi nel corpo umano e hanno
perciò effetti relativamente prevedibili, esattamente come i
fitopreparati o i farmaci. Non stupisca se dico “relativamente
prevedibili”, perché con buona pace della loro base scientifica, i
farmaci non forniscono alcuna garanzia assoluta dei loro effetti e
delle loro controindicazioni.
Allo stesso modo, gli O.E. sulla base delle molecole che li
costituiscono, hanno prevedibili effetti biochimici. Va detto, che la
sperimentazione relativa agli O.E. (molto più ampia di quanto
comunemente non si creda), soffre però spesso degli errori tipici
del riduzionismo scientifico.
In sostanza, quando si vuole analizzare scientificamente l'effetto
di un olio essenziale, solitamente si parte studiando le molecole di
cui è composto e cercando di verificare in vitro e in vivo gli
effetti di ciascuna di esse. Ricomponendo il mosaico di tutte le
principali molecole dell'olio, si ritiene di poter quindi
ragionevolmente stabilire quali effetti produca. Tuttavia, non
bisogna dimenticare che mentre le prove spesso sono effettuate per
ognuna delle sostanze contenute, singolarmente considerate, nell'olio
essenziale tali sostanze sono presenti insieme e producono effetti
sinergici non prevedibili dalla semplice somma di quelli prodotti
dalla singola sostanza.
Non si tratta dell'unico errore presente nei test scientifici
relativi agli olii essenziali. Spesso tali “prove” presentano
disarmanti ingenuità di metodo, che vanno contro la stessa natura
degli O.E. Non si può, ad esempio – come è accaduto –
somministrare per via olfattiva O.E. di lavanda per cinque minuti a
soggetti che stanno per sottoporsi a un delicato intervento
chirurgico e concludere sbrigativamente che l'olio di lavanda non
riduce i tratti di ansia da stress traumatico. Gli O.E. hanno effetti
se utilizzati in modo continuo e prolungato (settimane), portando su
di essi una forte consapevolezza (che non c'è quando la mente è
totalmente concentrata su altro). Inoltre l'uso olfattivo è adatto
quasi esclusivamente ad agire su stati psicologici sottili
principalmente endogeni, non su macroemozioni dovute ad un oggettivo
fattore esterno. Insomma: l'approccio biochimico si può fare, ha una
sua ragionevolezza, è certamente utile, ma non esaurisce affatto la
complessità di utilizzo degli O.E. e non spiega in toto i loro
effetti.
L'utilizzo energetico degli O.E.
Se si vogliono utilizzare gli O.E. all'interno di sistemi di cura
come le medicine orientali (medicina cinese, tibetana, ayurveda,
siddha, ecc.) essi vanno considerati da un altro punto di vista. Va
detto, per altro, che nella loro forma tradizionale, queste
discipline ne fanno un utilizzo scarso o addirittura nullo; è la
cultura naturopatica occidentale che ha inserito sistematicamente
l'uso degli O.E. all'interno di questi approcci di cura.
In ogni caso, per fare uso degli O.E. in questi contesti, occorre
tenere conto della qualità energetica di ciascun O.E.
Questo, concretamente, significa chiedersi se l'olio che si
intende usare sia “caldo” o “freddo”, se sia “umido” o
secco” (idrofilo o lipofilo) e quali delle cinque energie di base –
i cosiddetti “cinque elementi” – siano presenti in esso.
Va da sé che questo approccio, essendo qualitativo, non può
essere scientifico, ma ciò non significa che sia irrazionale o
“magico”. Al contrario, nella nostra vita ci sono infinite
situazioni in cui noi ci regoliamo in modo qualitativo e alcune di
esse (per esempio l'arte) danno luogo ad esperienze di grandissimo
valore umano, capaci di avere effetti profondi sulla vita e
l'evoluzione psicologica e spirituale della persona.
Le qualità dischiudono il mondo del “sentire”, delle
sfumature. Proprio perché si tratta di un approccio sostanzialmente
soggettivo, consente un utilizzo degli O.E. completamente diverso da
quello biochimico. Una molecola – secondo la chimica – produce
effetti simili e prevedibili in qualunque contesto. Per questo si
presuppone che i farmaci abbiano i medesimi effetti su chiunque li
assuma. Le qualità di un olio essenziale, invece, si devono
incontrare con le enormi differenze qualitative che distinguono i
vari individui e quindi il medesimo olio, dal punto di vista
energetico può andare bene e produrre un certo effetto su di un
soggetto e non averne su un altro.
Chimicamente esiste il rimedio per un determinato problema, mentre
energeticamente esiste un rimedio per uno specifico soggetto. Al
centro non c'è più la malattia o la difficoltà, ma l'individuo
nella sua irripetibile unicità.
L'utilizzo informazionale degli O.E.
La scienza stessa ha portato all'attenzione degli studiosi la
centralità dell'informazione. La medesima chiavetta USB, a seconda
che contenga un file con un film o uno con un virus informatico,
produce effetti enormemente diversi in un computer, nonostante le sue
componenti chimiche e la sua struttura fisica rimangano invariate. La
differente qualità e quantità dell'informazione che un oggetto o un
individuo recano con sé va ben oltre la loro struttura
fisico-chimica.
Questo principio, di validità generale, può essere applicato
anche agli O.E. Si ritiene che l'O.E. rechi con sé le informazioni
del tipo di pianta e della parte di essa da cui è estratto.
La pianta resiste al sole forte? Allora l'olio che ne deriva ha
capacità di dissipare calore. L'O.E. viene dalla radice? Quindi dà
centratura e stabilità. La pianta sopravvive dal gelo estremo al
caldo estremo? L'olio che ne deriva sarà un “adattogeno”. La
pianta ha una forma stretta e molto allungata (per es. un cipresso)?
Allora reca con sé la capacità di andare dritta verso il cielo e di
collegarlo con la terra.
Questa inferenza logica, benché possa sembrare relativamente
ovvia, in realtà non è così scontata, (anzi, a dire il vero, non è
affatto logica, ma analogica) né tanto meno si può considerare
scientifica. Non è per niente chiaro se e come le “informazioni”
della pianta trapassino automaticamente nel relativo O.E. né si può
dimostrare che ciò avvenga. Tuttavia, spesso le cose sembrano avere
una conferma empirica.
Si tratta di un approccio che si potrebbe definire poetico, nel
senso che la pianta viene “letta” in funzione di un insieme di
archetipi che sono poi applicati anche all'O.E. che ne deriva.
Se si vogliono utilizzare gli O.E. al massimo delle loro
potenzialità, occorre tenere presente tutte e tre le prospettive, il
che richiede raffinata conoscenza e sottile sensibilità. Le
prospettive energetica e informazionale possono essere entrambe
considerate come approcci vibrazionali. L'O.E. viene considerato come
un'energia che vibra ad una determinata frequenza e, proprio per
questo, reca con sé una specifica informazione, allo stesso modo in
cui un'onda elettromagnetica ad una certa frequenza si manifesta come
calore, ad una più alta come colore e ad una più alta ancora come
onda radio o raggio X .