Fondamenti gnoseologici ed epistemologici del BTC method
Materiali
Pedagogia
e psicologia occidentali, stanno pagando un pesante tributo di
sudditanza al modello gnoseologico ed epistemologico scientifico. Per
sgombrare il campo da qualunque equivoco, premetto che nasco
culturalmente come epistemologo e studioso di logiche
paraconsistenti, per cui l'atteggiamento conoscitivo scientifico è
qualcosa a cui non voglio per nessuna ragione rinunciare, ma questo
non mi impedisce di vederne i pesantissimi limiti intrinseci e
auspicarne varie forme di integrazione.
Innanzi
tutto, come semplice accenno, vale la pena di sottolineare che
parlare di “scientificità” della psicologia e della pedagogia
significa utilizzare un'espressione che suona bene, ma non significa
molto, perché l'analisi della logica della spiegazione scientifica
ha da tempo evidenziato che vi sono scienze con statuti
epistemologici del tutto diversi fra loro: la deduttività su base
assiomatica della matematica o della logica formale, è un modo di
procedere scientifico del tutto diverso dalle procedure di ricerca
della fisica, dalla natura empirico-descrittiva della geografia o
dalle caratteristiche miste delle cosiddette “scienze di sintesi”.
Per
essere più precisi, pedagogia e psicologia stanno pagando un prezzo
inaccettabile all'approccio biomedico e biochimico, settori –
soprattutto il primo – in cui si utilizzano prospettive
epistemologiche non sempre molto lineari e consapevoli e dove
talvolta si ha l'impressione che i grandi paradigmi scientifici del
'900 (relatività e quantistica) ancora non siano arrivati.
1. I limiti della spiegazione scientifica
Tuttavia,
anche volendo sorvolare sul complesso problema di quale possa o debba
essere lo statuto epistemologico di pedagogia e psicologia, non è
possibile non sottolineare i limiti intrinseci di qualunque approccio
scientifico alla realtà, che costituisce una, ma certo non l'unica
via sensata di indagine.
Alcuni
di questi limiti dipendono intrinsecamente dalla natura della
spiegazione scientifica, mentre altri dall'applicazione miope che
spesso ne fanno i presunti “scienziati”.
Innanzi
tutto l'approccio scientifico rifiuta a priori la prospettiva del
“senso” delle cose, dichiarandola non attingibile e dunque, di
fatto irrilevante. Ma quand'anche le cose fossero davvero così,
resta il fatto che la prospettiva di senso che un individuo proietta
sulla realtà, benché non dica nulla di oggettivo su di essa,
fornisce invece molte informazioni sul soggetto che la elabora. La
dimensione della realtà “per me”, l'unica che esista
davvero per un individuo, è tanto estranea all'approccio scientifico
quanto essenziale a quello psicologico e pedagogico, che fa della
conoscenza individuale e della relazione di senso il nucleo stesso
del suo operare. E questa è già una ragione fondamentale che
chiarisce perché l'approccio scientifico non possa esaurire il punto
di vista pedagogico ed evolutivo.
Fra
l'altro è del tutto falso affermare che attraverso la scienza si
ottenga un sapere “oggettivo”, come spesso si sostiene: innanzi
tutto il metodo scientifico sperimentale prende in considerazione
condizioni di realtà del tutto particolari, normalmente semplificate
attraverso il blocco delle variabili non oggetto di studio,
condizioni lontanissime dalla multifattorialità della realtà
concreta e quindi, in realtà tutt'altro che “oggettive”, perché
frutto di una selezione a priori. In secondo luogo, la storia della
scienza mostra come spesso, alla radice di modelli scientifici di
grande rilevanza, vi siano intuizioni, appartenenti alla dimensione
del non verbale e dell'irrazionale. Se tale dimensione può essere
punto di movenza della modellizzazione scientifica, non si comprende
perché non se ne possa riconoscere la funzione anche in altri
contesti.
Inoltre
è ora di smetterla di portare avanti quell'immagine edulcorata della
scienza che certa comunicazione massmediale vorrebbe veicolarci,
ossia che si tratti di uno sguardo oggettivo, disinteressato e puro
sulla realtà. La ricerca scientifica e le sue applicazioni sono
mosse e dipendenti da immensi interessi di potere ed economici e la
ricerca scientifica, nella sua vita quotidiana, è un coacervo
inestricabile di interessi, passioni, invidie, nepotismi, ecc.
A
tutto ciò si aggiunga che puntare esclusivamente sull'approccio
scientifico comporta il rischio di perdere la dimensione di
appartenenza ad una tradizione e alla relativa “sapienzialità”.
Sono perfettamente consapevole che, talvolta, il fatto di ispirarsi a
una tradizione possa essere soltanto la copertura per giustificare
consuetudini, pregiudizi e superstizioni, ma è altrettanto vero che
possa dischiudere abilità analitiche straordinarie e la capacità di
decodificare le energie ambientali che influiscono su una situazione
o una persona, interagendo con esse, in un equilibrio tra individuo,
contesto sociale e natura che è essenziale per comprendere a fondo
l'essere umano.
Infine,
da un punto di vista più strettamente epistemologico, se l'approccio
scientifico assume un atteggiamento fortemente “riduzionista”
– come spesso accade negli ultimi anni in ambito neuropsichiatrico
e delle neuroscienze – pretendendo di ricondurre i livelli più
elevati delle manifestazioni animiche e psichiche a mero epifenomeno
di eventi biochimici, la perdita di informazione che si determina da
questo atteggiamento risulta, a mio parere, inaccettabile per una
prospettiva educativa ed evolutiva degna dell'essere umano.
Naturalmente
sono consapevole che si tratta di opzioni, ma, proprio con questa
consapevolezza, il BTC Method ®, opta per la teoria
epistemologica delle cosiddette “proprietà emergenti”.
Secondo
tale teoria sembra che, quando la materia si organizza in livelli
superiori, le logiche di quelli inferiori non siano sufficienti a
rendere conto del “salto di informazione”; ad ogni salto di
livello la materia presenta maggiori vincoli ed è molto più
ordinata. In sostanza ha aumentato il livello di informazione e
diminuito la propria entropia. [1]
Come
dire che, pur conoscendo le leggi fisiche che governano le particelle
elementari, non si deducono da esse né quali aggregati si
determineranno (per es., se daranno origine a un metallo o a un
batterio) né quali proprietà avranno tali aggregati. Lo stesso
fenomeno sembra ripresentarsi ogni volta che la “scala degli
esseri” compie un salto quantico. [2]
2. Le distorsioni applicative del metodo scientifico
Se
queste sono le perplessità sostanziali che chiedono di
ridimensionare l'unicità dell'approccio scientifico in ambito
psicopedagogico ed evolutivo, altre ne sorgono osservando il modo
distorto in cui tale approccio viene spesso utilizzato. Sono i
problemi della scienza “agìta” da persone che, spesso, sono
scienziati solo di nome, ma che in realtà portano avanti prospettive
piene di precomprensioni implicite e di pregiudizi.
La
cultura occidentale – specialmente il modello anglo-americano – è
affetta da una sorta di “hybris” intellettuale che la porta
a ritenersi implicitamente (e spesso anche esplicitamente)
“superiore” a qualunque altra. "Occidentale" e
"contemporaneo" sono sempre implicitamente “meglio” di
ogni altra opzione. Questa mancata valorizzazione delle componenti di
diversità storico-geografica è un impoverimento sostanziale della
prospettiva visuale sull'essere umano e appare sempre più
improponibile nel momento in cui la globalizzazione dovrebbe essere
incontro fra culture, non colonizzazione o fagocitazione del diverso.
Non vedo come un atteggiamento pedagogico possa fare propria una
simile prospettiva senza lavorare implicitamente per l'omologazione
degli individui.
La
pacifica convinzione della superiorità scientifica occidentale si
unisce, in molti “scienziati”, all'interesse primario, se non
esclusivo, verso l'universale, la regola, e alla relativa tendenza
all'incasellamento forzoso dell'individuale in modelli precostituiti,
particolarmente pernicioso in ambito psicopedagogico ed evolutivo.
Talvolta l'esasperazione della dimensione teoretica e della
modellizzazione, insieme allo smarrimento di una prospettiva
empirico-osservativa, finisce col prendere la forma di una
imbarazzante “libido classificandi”, dove sembra che tutto si
esaurisca nell'apporre “etichette” (di patologie, sindromi, ecc.)
sugli individui, finendo spesso col confondere l'etichetta con
l'identità stessa. Di qui una scarsa apertura mentale verso
l'incomprensibile e l'insolito, catalogato, tout-court, come
impossibile, e finendo così col sancire la prevalenza del teorico
sul reale. Il diverso è percepito come “fuori norma” e quindi
problematico, deviante, patologico e perciò da sottoporre a
intervento di medicalizzazione.
Posizioni
di questo tipo, in realtà, mostrano che la teoria viene utilizzata
come “salvagente” per tutelare la propria paura, insicurezza o
mediocrità.
Per
tutte queste ragioni il BTC Method ® propone al mondo
psicopedagogico di aprirsi gnoseologicamente e passare dalla
dimensione della scienza alla dimensione dei “saperi”, di cui la
scienza è soltanto uno.
Accanto
a una metodologia scientifica, a cui sarebbe assurdo rinunciare, può
trovare ormai pienamente posto una metodologia “poetico-artistica”,
centrata sul simbolo, la lettura metaforica, la soggettività.
Occorre dare spazio adeguato alla dimensione non-verbale e
non-concettuale che di certo non intende negare quella
verbale-concettuale, che resta tipicamente umana, ma integrarla.
Riassumendo,
i fondamenti gnoseologici ed epistemologici del BTC Method ®, sono i
seguenti:
- affiancamento della prospettiva cognitiva poetico-artistica (centrata sul simbolo) a quella scientifica (centrata sul dato e la sua elaborazione razionale);
- passaggio da una prospettiva riduzionista ad una che non neghi la maggiore complessità informativa dei sistemi di livello più alto;
- passaggio dalla prospettiva della scienza a quella dei saperi;
- valorizzazione della sapienzialità storico-geografica;
- spazio allo sguardo che coglie le peculiarità individuali piuttosto che alla catalogazione in schemi precostituiti (e spesso pregiudiziali).
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[1]
Questo, di per sé, non comporta alcuna violazione del 2°
principio della termodinamica, perché stiamo parlando di una
diminuzione di entropia in un sottosistema, che potrebbe comportare
un aumento dell'entropia a livello generale.
[2]
Ho trattato più diffusamente di questi aspetti nel mio: “Prana
e dintorni”, alle pp. 32-37