Le sei catene della schiavitù
Materiali
Vuoi
rendere l'altro schiavo? Vuoi farne un succube? Vuoi che sia
smarrito, senza direzione e venga a cercare una guida in te? Non sto
parlando della schiavitù erotica, il gioco del reciproco abbandono
in una bolla di rispetto. Sto parlando della schiavitù dell'anima,
quella che distrugge l'essere umano, lo ridicolizza, lo uccide pur
lasciandolo vivo.
Ci
sono sei catene sicure per costruire la schiavitù dell'altro e di te
stesso. Sei catene senza scampo per distruggere la speranza:
1. nega
l'amore
2. distorci
il rapporto col piacere
3. reprimi
l'intimità
4. coltiva
l'ignoranza e l'illusione
5. coltiva
la miseria
6. coltiva
la paura
Nega l'amore
È
la prima catena, quella più importante. Nega l'amore! Negalo
all'altro, specialmente quando è più indifeso, quand'è bimbo,
perché così l'effetto sarà ancora maggiore. Più neghi l'amore,
più l'altro si sentirà debole, perché crederà di essere indegno.
Indegno di essere amato. Probabilmente si costruirà delle colpe
fittizie e riterrà che l'amore che gli neghi sia la giusta
punizione.
Nell'amore
l'altro dà il meglio di sé, si sente in paradiso, non cerca
nient'altro. Potrebbe non comperare più oggetti inutili; potrebbe
non avere più bisogno di fare attività cretine. Nell'amore l'altro
non sente più il bisogno di cercare una “guida”. Non entrerà
nella tua setta, non si nutrirà di odio.
Perciò,
se vuoi rendere schiavo qualcuno, innanzi tutto reprimi l'amore. Fa
che non ci creda, spiegagli che è un'illusione, fagli credere che
anche chi sembra amarlo, in realtà, lo sta sfruttando, ha secondi
fini...
Distorci il rapporto col piacere
Il
piacere è pericolosissimo per qualunque schiavitù. Perché chi è
nel piacere profondo, chi ne fa esperienza, è felice, appagato, non
cerca nulla, è propenso a vedere il mondo a colori, e può persino
arrivare a credere che la vita sia bella...
Perciò
capovolgi la realtà. Fagli credere che il piacere è la più
truculenta delle schiavitù. Attraverso il piacere si radica nella
terra e tu sradicalo, togli il sostegno, per indirizzarlo verso un
cielo che non conosce e che naturalmente sarai tu a indicargli. Fagli
provare ribrezzo per il piacere, fa che si vergogni di provarlo, che
si senta in colpa. Riuscire a introiettare il senso di colpa per il
piacere provato o desiderato è una delle catene più straordinarie
che possono essere imposte a un essere umano, perché introdurrai in
lui una scissione esistenziale lacerante. O sentirà il desiderio e
se ne vergognerà, frantumando la propria unità, oppure negherà il
suo sentire e diventerà un fantoccio.
Se
però non riesci a inculcare il rifiuto del piacere, allora capovolgi
la strategia. Rendilo un'ossessione! Fa che non pensi ad altro, fa
che perda completamente e continuamente il controllo, che non riesca
a vivere altre dimensioni, che ne sia abbrutito e ne faccia l'unica
ragione di vita. Così sarà permanentemente nella frustrazione della
ricerca del piacere.
In
entrambi i casi, invece di essere naturale e liberatorio il piacere
sarà diventato un pensiero fisso, da evitare o da ricercare ad ogni
costo; invece di sbocciare, sarà artificiosamente represso o
prodotto. E un secondo elemento di schiavitù sarà stato introdotto.
Reprimi l'intimità
L'intimità,
la condivisione di gesti, affetti e parole dell'anima è qualcosa che
rende caldo il cuore e crea complicità e percezione di essere “a
casa”. Perciò, se vuoi rendere schiavo l'altro, nega l'intimità.
Negala con te e impedisci che l'abbia con altri. Fallo soprattutto
quando è ancora bimbo, così lo devasterai: si sentirà invisibile,
solo, isolato, separato, lontano...
Così
verrà a pietire di essere accolto nel gruppo, avrà bisogno di
sentirsi nel gregge, baratterà la sua libertà per un tozzo di
visibilità.
Reprimere
l'intimità è il modo migliore per colpire con l'arma più dura che
esiste: l'indifferenza. La ferita dell'indifferenza è la più
profonda, anche più dell'odio.
Dividi,
separa, crea conflitto e isolamento e il potere potrà espandersi
liberamente.
Coltiva l'ignoranza e l'illusione
Uno
dei peggiori nemici della schiavitù è la consapevolezza. La
consapevolezza, in sé, non è sapere, ma tuttavia spesso si nutre
anche di esso. La consapevolezza è riflessione meditativa sulla vita
e le esperienze, ma anche capacità di ragionare, ricchezza di
informazione, cultura profonda e sedimentata, capacità di vedere
rapporti, di cogliere legami e relazioni.
Perciò,
se vuoi mettere in catene un individuo o una società, coltiva
l'ignoranza. Abbassa il livello della cultura, rendi la scuola una
burletta, insegna che “sapere” non conta nulla, conta solo il
“sentire”. Togli la musica e l'arte dalla formazione dei giovani,
tanto sono solo passatempi, non producono niente. Distorci
l'informazione, denigra la ragione, irridi la logica, disprezza la
scienza. Oppure, al contrario, prendi quest'ultima e rendila
assoluta, l'unico tribunale della verità. Anche lo scientismo è una
meravigliosa ignoranza!
Il
sapere non dischiude la verità, questo è certo: però può rendere
manifesta la menzogna e l'incoerenza, tracciare i confini fra
conoscenza e fede. Io sto nella fede, ma esigo di comprendere la
differenza fra “so” e “credo”.
Perciò
coltiva le mode e l'illusione che ne deriva. Spegni la ragione per
creare il gregge e fai in modo che gli standard siano il desiderio,
l'obiettivo implicito dei singoli e delle masse. Omologa più che
puoi, indirizza verso obiettivi futili, facendoli apparire
importanti, bolla come “illusione” tutte le spinte profonde
dell'anima.
Ricorda:
le aquile non volano in stormo.
Coltiva la miseria
La
miseria è un altro meraviglioso strumento al servizio della
schiavitù, perciò perseguila, spargila a piene mani.
Il
bello della miseria è che rende l'essere umano facilmente
ricattabile. Perciò coltivala. Qualunque tipo di miseria: economica,
sociale, relazionale, affettiva, estetica.
Fa
in modo che le persone abbiano poco denaro, rapporti banali, che
scambino solo chiacchiere e mai parole, che si sentano isolati, che
non abbiano attorno a sé né bellezza né natura, che alla loro
anima non sia mai presentato nulla di alto e di nobile. Fai della
povertà, da tutti i punti di vista, la cifra del loro esistere.
Verranno
come questuanti alla tua porta, lo spettro della loro vita sarà la
mancanza, il bisogno e tu potrai tenerli legati offrendogli i tuoi
giocattoli senza valore, spacciati come cose importanti e decisive.
Coltiva la paura
Questa
è la catena più importante, direttamente collegata alla prima.
Esistono solamente due possibilità nell'esistenza: l'amore o la
paura. O stai con l'una o stai con l'altra di queste due “fazioni”.
Talvolta oscilli da una all'altra, ma ciò significa che, in realtà,
non hai ancora scelto.
L'amore
ti fa sentire che le tue possibilità sono infinite. L'amore ti apre,
ti espande, ti rende imprendibile. La paura ti fa credere che non ci
sia più niente da fare, ti paralizza, ti contrae. La paura ti fa
stare male anche quando – nel qui ed ora – non ce ne sarebbe
alcuna ragione, perché la paura si nutre spesso con la memoria del
passato e col timore del futuro.
Coltiva
la paura, qualunque tipo di paura, tanto fanno tutte parte della
stessa demoniaca famiglia: la paura del diverso, del cambiamento, del
futuro, dell'abbandono, dell'espressione, delle malattie...
L'antidoto
alla paura non è l'incoscienza, ma la disponibilità ad accogliere,
il rifiuto della chiusura a priori, il vedere il bicchiere mezzo
pieno e non mezzo vuoto. L'amore è l'unico vero antidoto alla paura
e dato che solo le creazioni dell'amore sono reali, stare nella paura
significa vivere nell'irrealtà, scambiando per esseri reali i mostri
del proprio inconscio.
Quando
riesci a far montare la paura nell'altro, l'hai completamente in
pugno. Sarà del tutto paralizzato, potrai vendergli tante cose
rassicuranti, tanti modi sciocchi per far divergere la sua
preoccupazione. “Panem et circenses”, il modo migliore per
esorcizzare la paura.
Quando
avrai coltivato e attivato queste sei catene, l'altro sarà
perfettamente schiavo e, senza neppure saperlo, lo sarai anche tu.